Formare coach professionisti non è una attività routinaria.  Per preparare a una nuova professione non basta avere un metodo efficace e collaudato, messo a punto nel corso degli anni; non basta che chi conduce il corso faccia del Coaching la propria professione e il proprio stile di vita; occorre un quid aggiuntivo, una sorta di x factor, che ha a che fare con i propri valori e con la propria mission.

Il Coaching non è solo una metodologia che facilita il raggiungimento di cambiamenti e di risultati; è anche una relazione paritetica che genera auto-apprendimento e auto-consapevolezza, nella quale il Coach non indica la strada, ma “attiva” dei processi (di riflessione, scoperta, riconoscimento..) . Si potrebbe definire un catalizzatore che innesca un cambiamento senza provocarlo direttamente.

L’estrema semplicità – e al contempo la grande efficacia – del coaching, fa si che, quando è fatto con competenza e passione, abbia qualcosa di magico

E anche l’inizio di una nuova edizione del Master in coaching evolutivo è un momento magico. Un momento in cui si incrociano aspettative, storie di vita, valori, emozioni, voglia di cambiamento.

Martedì 29 ha avuto avvio la nona edizione del Master, con la presenza dei partecipanti e dei docenti del Master.  E’ stata un’occasione per presentarsi, per fare una panoramica del percorso; ma è stato anche un emozionante momento di condivisione (sia per gli allievi che per i docenti), che la modalità a distanza (in videoconferenza) non ha reso meno “autentico” e  vibrante.

Vorrei  condividere un aneddoto che presenta molte analogie con il coaching

Si narra che gli indigeni guardando l’orizzonte di fronte a loro, nel lontano 1492, anno in cui avvenne la scoperta dell’America, non videro giungere le tre caravelle di Colombo, solo perché la loro mente non aveva saputo elaborare ciò che vedevano i loro occhi, così tanto da rendere il tutto ‘invisibile’. Ovvero, l’immagine delle tre caravelle risultava alla mente ed alla coscienza ‘sconosciuta’, e non potendo essere confrontata con nulla di simile ‘archiviato’ nel loro passato, gli occhi di quegli Indio, in qualche modo, ‘rifiutarono’ di vedere il naviglio, rendendolo appunto, ‘invisibile’ agli occhi. Furono gli sciamani del villaggio a portare la loro attenzione verso le onde “anomale” che vedevano incresparsi sul mare, mosse da qualche cosa che nemmeno loro riuscivano a vedere all’inizio. Quando poi gli sciamani, studiando gli effetti delle onde causate dell’avanzare delle imbarcazioni “videro” le caravelle, allora lo dissero a tutta la popolazione e quindi, dopo, tutti le videro. Lo Sciamano dette il permesso di vedere un qualche cosa che fino a quel momento non poteva esistere e come tale non veniva visto.[1]

Spesso le persone non vedono delle possibilità presenti nella propria vita perché non si danno il permesso di vederle: il proprio modello della realtà permea il proprio “orizzonte delle possibilità”, e si potrebbero ignorare delle opzioni proprio come gli indigeni ignoravano la vista delle caravelle all’orizzonte.

Il processo di coaching può svolgere il ruolo dello sciamano: le domande potenti di coaching invitano ad aprire “cassetti” che in genere si tengono chiusi; stimolano l’apertura di nuove prospettive, la scoperta di nuove possibilità.

E questo è anche quello che normalmente avviene durante il Master, in cui oltre a lavorare sulle competenze professionali del coaching (quelle che permettono di avviarsi alla attività di Coach professionista), si sperimenta in primis il coaching evolutivo su sé stessi!

Se vuoi comprendere come si articola il programma della scuola clicca qui

Daniele Mattoni, Coach PCC, responsabile didattico Master Coaching evolutivo ICTF

[1] Liberamente tratto dall’e-book “Cambia la tua Vita con la Legge di Attrazione” di Simona Ruffini

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