Occuparsi di Coaching a livello professionale offre la possibilità di confrontarsi sul “sentire” diffuso tra i neofiti ed i non addetti ai lavori rispetto a  questa professione.

L’elemento che ancora oggi, dopo circa 10 anni di attività professionale, sorprende riscontrare è che la più parte delle persone immagina il Coach come una persona molto direttiva. Per fortuna non solo il Coach non è direttivo ma anzi è vero l’esatto contrario.

Forse serve allora fare il punto e ripercorrere il percorso che ogni Coach compie “prima di cominciare”.

Il Prima

La premessa fondamentale del Coaching è che “ciascuno è già capace di raggiungere i propri obiettivi”.

Ragionando in modo critico su questa affermazione si possono svolgere alcune interessanti considerazioni.

Io come Coach ci credo autenticamente fino in fondo a questa verità?

Se la risposta a questa domanda fosse “SI”, ne conseguirebbe che “ogni elemento esterno alla coppia [Persona, Obiettivo] corre il rischio di interferire con il raggiungimento dell’obiettivo”

In primis il Coach stesso! Con il suo pensare, il suo dire, il suo immaginare, il suo suggerire, il suo interpretare.

Bene: allora non è del Coaching pensare, dire, immaginare, suggerire, interpretare.

È Vietato!

Se foste animati dall’idea che ciò che ho affermato è umanamente impossibile, non sareste completamente nel torto.

Quindi servirebbe chiedere a chi Coach è, COME riesce in questa impresa!

Ma questa è un’altra storia che racconteremo in un altro momento.

Altro Mito diffuso è che il Coach debba essere “esperto” del dominio in cui si definisce l’obiettivo del suo Cliente.

Quand’anche lo fosse (e qui si potrebbe accennare al Mentoring) non gli sarebbe di grande aiuto in quanto al Coach è vietato “dire”.

Ma resta il fatto che il Cliente viene dal Coach per raggiungere un Obiettivo che fino a quel momento non è riuscito a raggiungere.

Bene: è arrivato il momento di fare il punto.

La Relazione di Coaching si tesse tra:
·         un Cliente (Coachee nel gergo tecnico) che non sa come raggiungere il proprio obiettivo
·         un Coach a cui è vietato dire” e che in genere non è esperto del dominio in cui si definisce l’obiettivo del suo Cliente in un’immagine: due ciechi che si accompagnano verso la meta!

Gli Strumenti

Ma allora se al povero Coach è vietato dire, come si fa a lavorare?

Quali strumenti nella sua “borsa dei ferri”?

L’insieme degli elementi che costituiscono la strumentazione tecnica del bravo Coach sono invero pochini.

Essi sono infatti tre:

1.       Le Domande

2.       Il Feedback

3.       Il TASK

Il Coach può, nel suo “dire” porre Domande. Domande alle quali il Coachee può non rispondere.

Il Coach può “restituire un Feedback”; il Feedback tecnicamente è definito come “un comportamento agito che sarebbe stato ripreso da una telecamera con microfono”

Il Coach può concordare (non assegnare!) delle attività utili per mantenere alta la focalizzazione e la concentrazione del Coachee sul raggiungimento dell’obiettivo tra una sessione e la successiva: queste attività si definiscono TASK.

Fine.

Queste sono le tre cose che il Coach può fare. E i Coach seri anticipano questa spiegazione all’inizio del rapporto per consentire al Coachee di monitorarne l’andamento e la eventuale violazione.

Tutto alla luce del Sole! Niente di nascosto. Un rapporto alla pari. Infatti nel Coaching il Coachee viene anche definito “Partner”.

Gli Obiettivi

Il Cliente che decide di utilizzare un servizio professionale di Coaching ha un “suo” proprio obiettivo.

Esistono vari modi per trattare in modo “scientifico” questo argomento e la letteratura è piena di citazioni e definizioni dotte, acronimi mnemonici e chi più ne ha più ne metta.

Il Coach ha i “suoi” propri obiettivi. I quali, ovviamente, NON sono quelli del suo Cliente:  non c’è confusione nei ruoli!

Gli Obiettivi del Coach sono due e tecnicamente si definiscono “I due Meta Obiettivi del Coaching”

Il Coach ha l’obiettivo di aumentare:

1.       Consapevolezza: ciò che conosco di me nel senso più ampio che possiate immaginare

2.     Commitment: vocabolo di gergo che indica ad un tempo Volontà (Io Voglio), Responsabilità (Dipende da me), Azione (Io Faccio) del proprio Partner.

Il Come

Al Coach pertanto non viene chiesto di possedere tecniche, il Coaching essendo una professione di “processo” e mai di contenuto

Al Coach viene richiesto di “abitare competenze” in un approccio “a Zero Ego” (EgoLess)

In un’immagine: due persone unite in una danza, essendo il Coach la figura femminile, quella che segue, mai quella che guida, indirizza, sceglie, decide

Per approfondire le modalità serve seguire un Master Professionale ma ciò non è oggetto di questo breve articolo.

Finale

In realtà, ad essere onesti fino in fondo, questo rapporto paritetico tra Professionista e Cliente è di difficile gestione, soprattutto all’inizio del percorso di Coaching. Infatti il Coach ha un grande vantaggio rispetto al proprio Coachee. Egli sa che la persona che entra nel suo studio il primo giorno sarà diversa da quella che uscirà dallo studio con l’obiettivo raggiunto.

E questo è un richiamo profondo al senso di Etica e Responsabilità del Coach

Nota di chiusura
Elementi descritti nell’articolo sono trattati
– nella lezione che viene tenuta agli allievi del Primo Anno del Master di Counseling che CIPA organizza ormai abitualmente presso l’Università di Tor Vergata
– nelle lezioni tenute per il MASTER in Cor
porate & Life Coaching organizzato da ICTF

di Vittorio Balbi

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