Perché il coaching funziona?

 

La prova scritta che sostengono i partecipanti al nostro Master in Coaching evolutivo include solo domande aperte.  Domande che stimolino una elaborazione personale “viva” e non un semplice riporto di concetti.  Domande che aiutano a far emergere elementi di consapevolezza acquisiti durante il corso ma che attendono ancora di essere resi espliciti. 

Il corso è una full immersion prolungata coinvolgente e impattante: l’esame scritto da la possibilità ai nostri allievi di fare un bilancio dell’esperienza, di consolidare alcuni apprendimenti, di esplicitare le nuove consapevolezze ottenute, di guardare al proprio futuro di coach immaginando i prossimi passi da compiere.

 

L’ultima domanda (la ventunesima) della prova scritta è facoltativa ed è:

“Secondo te perchè il coaching funziona?”

Nonostante la domanda sia facoltativa e sia l’ultima della prova, la maggior parte (il 90%) dei nostri Coach risponde. Riportiamo le risposte che alcuni dei neo Coach hanno dato a questa domanda.  La diversità e ricchezza di riflessioni, oltre alla passione che si legge ‘tra le righe’ offre diversi spunti di riflessione. E le risposte date,  basate sulla propria esperienza, sono molto più esplicative della semplice teoria.

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“Secondo te perchè il coaching funziona?”

 

Perché ha poche regole ma molto efficaci, è concreto e finalizzato  ed è fatto di sperimentazione e vissuto e non di teoria e basta! ”  (Luca Lombardini, prima edizione)

 

“Perché è un approccio concreto, di breve termine, che permette di conseguire risultati tangibili, misurabili, in tempi relativamente brevi. IL fatto che lavori anche sulla autoconsapevolezza, motivazione, autodeterminazione, responsabilità, libertà fa sì che la persona crei giorno dopo giorno se stesso e la vita e il lavoro che veramente desidera per se stesso. Una vita basata non solo sulla ragione e le esigenze del contesto, ma anche e soprattutto sul cuore e sullo spirito, che sono le basi per l’autorealizzazione e la soddisfazione ultima della vita” (Anna Fata, terza edizione)

 

” Perché, oggi, più che mai le Persone hanno bisogno prima di tutto di essere ascoltate.

Perché le Persone non vogliono essere giudicate. Perché il coaching non è una forzatura della volontà del coachee, non impone un modello comportamentale, non dice ‘cosa bisogna fare per’…  Il coaching rappresenta proprio il concetto opposto rispetto a quello a cui il mondo occidentale ‘consumistico’ è sottoposto: ti aiuta ad ottenere quello che TU vuoi e non quello che gli altri vogliono per te” (Igor Nogarotto, seconda edizione)

 

Il coachig funziona perché ogni volta che si fa una domanda, è come un vento che sparge dei semi!! Si generano infinite possibilità dove ogni uno può scegliere cosa vuoi che accada nella sua vita!

Le domande sono bacchette magiche che potenziano l’avverarsi delle infinite risposte ed è attraverso il coaching che generiamo questa consapevolezza” (Catalina Arango, seconda edizione)

 

“Perché riesce a tirar fuori il meglio di una persona, le sue risorse, le sue prospettive inedite, e lo fa con domande appropriate, efficaci, che vanno al sodo. Ognuno di noi ha già la risposta dentro, il coaching, con il suo metodo (socratico), estrae questa risposta dalla confusione e dall’incertezza interiori per farne fondamento di consapevolezza e cambiamento” (Daniela Monreale, seconda edizione)

 

“Perché rappresenta un percorso di consapevolezza e di attivazione dell’enorme potenziale che ciascun individuo possiede, di cui non ha completa conoscenza” (Pasquale Virgilio, prima edizione)

 

“Il coaching è concreto, è concretezza in azione! Il coaching non indaga, il coaching esplora.  Ho visto in questi 3 mesi insieme, grazie a voi come Trainer coach e grazie ai colleghi di studio, delle trasformazioni personali incredibili. Ho visto concretezza, ho visto azione, ho visto emozioni ma ho visto anche  reazioni, ho visto tecnica e ho visto partecipazione. Come può non funzionare un percorso di questo tipo? Credo che in un mondo di fuffa la concretezza funzioni sempre, chiaramente se preceduta da una esplorazione” (Emanuela Vigliarotto, prima edizione)

 

“Perché parte dal presupposto (da me condiviso) che la soluzione delle problematiche e la capacità di raggiungere i propri obiettivi è già dentro ciascuno di  noi.  Tutto ciò è fantastico, perché al contrario di ciò che è luogo comune e convinzione comune che è “fuori” che si deve cercare la motivazione, la forza l’energia ecc, si deve “semplicemente” fare un lavoro su se stessi. Tutto qui. Non ci sono segreti ne armi segrete. Basta semplicemente aprirsi alle proprie possibilità e farle emergere. In questo il coaching funziona attraverso le sue tecniche di “emersione” delle qualità e dei doni che sono già in noi, in tutti noi” (Alessandro Sappia, prima edizione)

 

“Secondo me il coaching funziona (e spero funzioni anche quando diventerà la mia professione) perché non ci sono giudizi o consigli, lasci carta bianca al coachee, in un mondo dove tutti giudicano e danno pareri chi meglio di un coach può ascoltare?”  (Enrico Olivieri, prima edizione)

 

Perché agisce sulla sfera dell’autoconsapevolezza. Pone la persone in quella zona in cui, tra stimolo e risposta, c’è la possibilità di riflettere non solo razionalmente ma con il cuore, ovvero con coscienza. Offre la possibilità di acquisire risposte attraverso la propria libertà di scelta, scoprendo che siamo noi le risposte. Infondo ognuno, consapevolmente o inconsapevolmente è alla ricerca di un significato nella vita e delle sua motivazioni a ciò che decide di farne. Il coaching funziona perché  è uno strumento che accompagna in quella direzione” (Maria F. Rotolo, quarta edizione)

 

“Perché permette alle persone di esplorare aree del  loro “essere” che non si esplorano con facilità e che nessuno ci ha abituato ad esplorare. Permette il superamento di condizioni limitanti, fa cambiare cornice, ci permette di dare spazio al meglio di noi stessi e alle nostre potenzialità.

Applicato nel quotidiano migliora le nostre relazioni interpersonali; in situazioni specifiche e su problemi particolari è motore efficace di cambiamenti ritenuti inizialmente impossibili.

Da ultimo, ma non meno importante, se condotto correttamente e bene, mette il coachee in una situazione di considerazione positiva, che purtroppo molte  persone non riescono a provare” (Roberto Assente, terza edizione)

 

“Secondo me perché:

  • “lascia il ruolo di protagonista alla persona che, in questo modo, crea gli apprendimenti di cui ha bisogno. Nel  far questo la persona esprime le sue potenzialità con fiducia e responsabilità
  •  “soprattutto una persona impara ad apprendere, il suo particolare modo di apprendere,  con un impatto che va al di là del percorso di coaching. Un altro punto di forza è che non riguardando un contenuto specifico è adattabile e utile in qualsiasi contesto”  (Raffaele Costi, terza edizione)

 

“Perche il coachee trova la “sua strada”, unica e inimitabile, per potenziare se stesso e per raggiungere i suoi obiettivi di vita.” (Monica Martelli, terza edizione

 

“Perché fa riscoprire all’individuo le qualità e le risorse che gli permettono di trasformare il futuro desiderato in realtà; perché l’individuo, volendolo, acquisisce consapevolezza su stesso, sulle persone che gli sono vicino, sull’ambiente che lo circonda, sul suo valore e sulle sue capacità diventando artefice del suo successo” (Elena Maria Grosso, quarta edizione)

 

“Rispondo con una storia.  Due secoli fa il Kaiser e lo Zar divennero grandi amici. Un’estate il Kaiser su invitato in Siberia dallo Zar, trascorsero quasi un mese fra una natura selvaggia e incontaminata. La cosa che più impressionò il Kaiser furono i cervi siberiani e lo comunicò più volte allo Zar. Quest’ultimo lo informò che avrebbe ricevuto un regalo di Natale speciale: una mandria di cervi siberiani! A patto che si riuscisse ad individuare un luogo adatto. Il Kaiser lo trovo all’estremo nord del suo regno, in una zona che oggi è una regione della Polonia. I guardia caccia dello Zar e del Kaiser convennero che il posto ero proprio ideale. E così, il dicembre successivo il Kaiser ricevette più di 100 cervi siberiani. Le cose andarono bene nel primo periodo ma ad un certo punto cominciarono alcuni fenomeni misteriosi, i cervi siberiani si lasciavano morire. Nessuno li cacciava o avvelenava e nessuno riusciva ad individuarne la causa. Il Kaiser informo lo Zar e quest’ultimo mandò veterinari e guardia caccia. Anche loro non trovarono la soluzione. Allora lo Zar chiese ad un vecchio guardiacaccia in pensione di andare in Polonia. Lui accettò ad una condizione: quella di poter vivere nel bosco con i cervi. Ci rimase qualche mese e alla fine trovo la soluzione. La comunicò al Kaiser: “Maestà, i cervi muoiono perché sentono la mancanza del lupo siberiano, il loro predatore principale. Sono troppo protetti, non hanno problemi gravi e questo fatto è un notevole impedimento per la loro natura selvaggia.” (Mauro Primon, prima edizione)

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